Primo anniversario
di Claudia Endrigo
Un anno fa scompariva mio padre in un punta di piedi come in fondo aveva sempre vissuto, sottovoce, con eleganza e semplicità e con la sua innata dolcezza e tenerezza che purtroppo ahimè ho scoperto troppo tardi.
Dentro di me si è spento irrimediabilmente qualcosa...certo continuo a vivere, a mangiare, a sorridere, a ridere, ma una parte di me se n'è andata per sempre con lui.
Manca sempre il tempo quando è troppo tardi e io invece ne vorrei ancora tanto di tempo...vorrei ancora tempo per dirgli che gli voglio bene, vorrei ancora serate insieme per ascoltare i suoi racconti, vorrei ancora pomeriggi assolati d'estate per sentire i suoi accidenti quando la nostra amata Trudy gli leccava l'ascella quando si appisolava sul divano, vorrei ancora serate di urla bestemmie e risate quando giocava a carte con i suoi amici di sempre e vorrei accarezzarlo e sentire il suo odore quando ritorno a casa...
Vorrei tante cosa, ma è tardi ormai. E allora mi restano i ricordi. Fortunatamente, almeno nel mio caso, il tempo cancella le cose negative e ricordo solo le cose belle...le sue carezze e i suoi abbracci quando ero bambina, la mia infanzia felice e dorata, le estati interminabili nella nostra casa a Pantelleria, le partite di ping pong a Mentana...insomma mi rimane sempre lui, in ogni angolo remoto della mia vita, in ogni mio respiro, in ogni mia notte..ciao papà!
di Sergio Bardotti
Carissimo Capo,
poche righe per farti sapere che un'altra dolce estate è finita, i prìncipi in vacanza sono tornati praticamente tutti e, se le cose stanno così, dopo il primo giorno di traffico siamo già più incazzati di prima.
Di musica non ho molta voglia di parlare: i tempi belli di una volta sono ancora più lontani. Ormai sono tutti bravini, coi loro pezzettini carini nelle radioline e nelle suonerie dei telefonini. In generale rompicchiano i coglioncini.
Di TV non ho molta voglia di parlare. Perlomeno, quest'anno ci lavoro e siamo stati abituati a non sputare nel piatto, ricordi?
Di politica non ho molta voglia di parlare, però siccome è andata su la sinistra, questa non-voglia mi secca e mi dispiace. Ti assicuro, capo, c'è poca trippa per i gatti (anche rossi).
Ho voglia di parlare di te, di voi amici. Immagino che vedrai Vinicius, Tom, Fabrizio: che compagnia! Tu col vino, Tom con la birra, Vinicius col whisky, Fabrizio con tutto. E Umberto, che non beve? Cosa fa? Vi suona al piano il brindisi della Traviata? Ragazzi, ora che ci penso, se faccio Sanremo con Pippo, a chi cazzo posso chiedere un pezzo? Mah, lasciamo perdere, la saudade non può vincerla sempre.
Mi manchi: senza Don Chisiotte, Sancho Panza è uno sempre più qualsiasi.
Mi auguro che tu e Lula non stiate litigando, finalmente.
Scusa per quando non c'ero e per quel che non ho fatto.
Ti penso, ogni tanto (confesso: ogni pochissimo).
di Franco Migliacci
Caro Sergio
parliamo spesso di te delle tue virtù e dei tuoi difetti che ti hanno reso indimenticabile.
Sei sempre con noi.
di Mariella Nava
Ricordo il suo arrivo........lento.........ma non indeciso...................salutò tutti caparbiamente sulle sue gambe facendo il giro della tavolata........arrivò a me.....mi lasciai posare il suo saluto caro e sincero sulle guance e gli consegnai premurosa il mio regalo per quella cena del suo compleanno. Gli vidi brillare gli occhi. Finì il suo giro e andò a sedersi. Ebbe fretta di scartarlo con la curiosità di un bambino.........era una penna......................bellissima - mi disse - non ho mai avuto una penna così..........................prese le rose bianche a lui dedicate e me le porse.........tieni - mi sussurrò - si addicono più a te....!
Questo era l'animo nobile pulito sensibile discreto speciale unico di Sergio.......e quei fiori sono ancora con me....
di Massimo Amoroso
Driiin …. Driiin …. Driiin
Massimo: pronto…
Sergio: ciao culorotto. Come va? Quand’è che mi vieni a restituire i soldi che mi hai fregato l’altra sera a scopa a quindici?
M: …prego, Capo, lei sarebbe ben più corretto se dicesse “…che mi hai vinto l’altra sera a scopa a quindici….” Ancora ti rode eh?
S: …ma vaffanculo va! Era dal millenovecentoventisei a Macao che non si vedeva in giro una fortuna come la tua…. Hai vinto dodici partite su dodici! Hai capito, culorotto, hai capito?
M: …se va beh! Siamo alle solite. Tu me lo hai insegnato, ma ora io gioco meglio di te e tu, pur di non riconoscerlo, te la prendi con la fortuna…. Del resto lo diceva anche Leonardo da Vinci: “Tristo è quell’allievo che non s’incula, pardon, che non supera lo suo Maestro….”
S: ...se…Buonanotte! Senti comunque… Ieri ho messo a bagno i fagioli e per stasera ho preparato la pasta e fagioli alla veneta e, naturalmente, ho fatto il test di qualità e cioè…
M: ...sì lo so. Ci hai messo dentro il cucchiaio ed è rimasto in piedi! Buona… ottima, ottimissima! Del resto lo so che cucini molto bene, primo fra tutti lo stinco di vitello. E’ a scopa a quindici che hai ancora molto da migliorare…
S: …arivai affanculo, stronzo e senti il resto. Oggi al supermercato c’erano le sarde e le ho prese. Quindi stasera ci sono anche le sarde in savor… Allora che fai? Vieni a cena?
M: …di fronte ad un simile dispiegamento di mezzi di convinzione non si può che cedere alla violenza… Però sto facendo un lavoro e vorrei terminarlo quindi potrei ritardare un po’…
S: .. eh no cazzo! Alle otto e mezza quì si cena e chi c’è c’è… E poi ricordati sempre che questa casa non è un albergo… E porta i soldi….
M: ok… va bene. Vado subito a continuare il lavoro: entro oggi pomeriggio lo voglio finire così da essere libero domattina perché me ne voglio andare al mare…
S: allora senti cosa ti propongo. Domattina io devo andare prima in banca e poi alla SIAE a sbrigare una cosetta. Se mi accompagni, poi ce ne potremmo andare a mangiare a Fiumicino. Offro io…
M: se po’ ffa …se po’ ffa ma te la devi piantare co ‘sto “Offro io” sempre. O facciamo alla romana o non se ne fa niente. Ci potremmo vedere a viale Somalia al solito posto davanti all’ACI; da lì prendiamo l’Olimpica e, se sopravvivo alla camera a gas del tuo sigaro in macchina, ti accompagno prima a piazza Mazzini, poi all’Eur alla SIAE e da lì poi proseguiamo per Fiumicino o, se vuoi, per Fregene, da Mastino. E’ tanto che non ci andiamo….anche per lumeggiare un po’ di splendida fauna femminile che da quelle parti non manca mai… vero Capo? Ci siamo capiti…. Così, inoltre, potrai mangiare pesce che, lontano dal mare, non ti va giù. Io prenderò, probabilmente, gli spaghetti alle vongole e tu, sicuramente, o un dentice o la frittura mista di gamberi, merluzzetti e calamari ma… “cameriere, mi raccomando eh, con tanti, tanti tentacoletti…”. A proposito di Olimpica: domenica sera all’Olimpico c’è Roma – Inter. Io andrò a vederla con il mio amico Gianfranco e company a casa di sua madre dove siamo stati altre volte insieme e dove tutti mi chiedono sempre di te. Perché non vieni pure tu? Certo, per un lupacchiotto ex ex ex calciatore come me non sarà proprio il massimo vedere la mia squadra insieme ad un romanista che di calcio non capisce un cazzo e che stravede per una ipervalutata semisega come Totti ma per un amico si sopporta questo ed altro…. Allora? Che ne dici? Sergio? Sergio? Non ti sento più! Non ti sento più! Sergio…. Sergio… Dove sei?
S: …Sopra le nuvole c’è il sereno….
di Fausta Pagani e Gian Franco Gelso
È stato tanto grande, ormai non sa morire (per questo canto e canto te ...)
Ricordare Sergio...
Ripensare, con affetto e tenerezza, a Sergio...
Per noi questa non è una azione esclusivamente legata ad un anniversario, pieno – purtroppo - di tanta tristezza e di malinconico rincrescimento, ma è un pensiero ricorrente, che accompagna i nostri giorni e che, sia pur nel dolore rappresentato da una perdita così importante, ci porta però consolazione.
Sergio ha costituito per noi, sia umanamente che artisticamente, un punto, unico e fermo, di sicuro riferimento: la sua eleganza intellettuale, il suo stile estremamente composto e dal tocco delicato, la sua continua e rigorosa ricerca culturale sull’indole più recondita ed imperscrutabile dell’essere, la sua capacità poetica impareggiabile nel saper analizzare e perfettamente sintetizzare i moti più profondi dell’animo, la sua sapiente abilità nel suggerire ed affrontare tematiche sociali e storiche e nel cogliere gli aspetti peculiari attinenti i costumi, i vizi, le ambiguità anche inconsce, le paure, le gioie di noi, fragili creature.
E poi, nel cantare e decantare l’amore, che non sempre è fonte di felicità e, che, invece, è spesso frutto di lotte interiori, di forti lacerazioni, come solo lui sapeva e poteva...
Asserire che Sergio ci manca incommensurabilmente è, senza dubbio, una verità innegabile.
Ma – grazie alla sua opera compositiva ed interpretativa, che rimarrà imperitura, e al segno, distinto e nobile, che il suo passaggio terreno ha definitivamente tracciato – lo sentiamo fortemente presente in noi, sempre, in ogni istante, perché ha inciso, lievemente, ma in assoluta profondità, e indelebilmente il suo messaggio coraggioso e coerente di uomo vero, i sentimenti più preziosi ed impagabili di amico sincero ed il suo contributo irripetibile di artista di indiscusso talento.
Tanti i momenti – indimenticabili - passati insieme, in compagnia armoniosa, aperta a confidenze, farcita di aneddoti di vita vissuta, di storielle divertenti, di molte curiosità, nei quali la persona e la personalità di Sergio emergevano nettamente: un uomo schietto, senza “fronzoli”, diretto, rispettoso degli altri, ricco di attenzioni e di delicatezze, esteriormente lineare e “semplice” (poneva tutti gli interlocutori a proprio agio e rifuggiva genuinamente dallo stereotipo del “divo”), ma di una arguzia e complessità interiore ben difficilmente riscontrabili in altri, con il pregio della signorilità, della mitezza e dell’auto-ironia..
Noi ne siamo sempre rimasti affascinati.
Allora, come ora.
Ascoltando la sua stupenda voce e le sue mirabili canzoni, o ripensando ai nostri incontri e alle innumerevoli conversazioni telefoniche, ci domandiamo ancora, stupiti e ammaliati al tempo stesso, come Sergio avesse potuto – con un livello di eccellenza tanto elevato – immaginare, concepire, creare e realizzare composizioni così ardue nei concetti e poi trasporle con assoluta sensibilità in termini piani, accessibili e comprensibili a tutti, con immediatezza e incisività, sebbene con un lessico perfetto e forbito (era un amante della bella lingua italiana e di quella francese).
Un autentico maestro.
Un grande amico che mai potremo – né vorremo – dimenticare.
Le sue canzoni, dal 1958 in poi, ci hanno accompagnato – non solo come svago, ma come luce illuminante - lungo tutta la nostra vita.
Esse sono dentro di noi, definitivamente; sono parte essenziale di noi e, con loro, Sergio vive e vivrà in noi.
Nel nostro cuore Sergio ha trovato di diritto e da subito un posto specialissimo, quando – grati per poter godere del privilegio della sua stima, fiducia e amicizia, che ci ha regalato a piene mani – era tra di noi, e continuerà a restare sempre nelle nostre fibre più intime, come dono inestimabile di dolcezza, intelligenza, sentimento e armonica bellezza.
di Alberto Zeppieri
Il sette settembre dello scorso anno, Sergio Endrigo sceglieva un altro palcoscenico dove esibirsi da lì in avanti. Ho avuto la fortuna ed il grande onore di condividere l’ultimo periodo della sua esistenza terrena, di passare molto tempo con lui lavorandoci assieme ed imparando molto. Lui, uomo curioso e sempre attento a ciò che lo circondava, ricco di un’allegria che pochi conoscevano, dotato di ironia elegante e britannica. Lui, che aveva deciso di accettare la nuova sfida che gli avevo lanciato, alla soglia dei settant’anni, affrontando l’approccio con una lingua territorialmente molto vicina alla sua nativa Pola italica, ma pur sempre straniera: la lingua friulana. Nasceva così, con la preziosa complicità di Valter Sivilotti, direttore dell’orchestra di Canzoni di Confine (Sergio era il presidente dell’omonima associazione culturale fondata a Udine) il suo ultimo progetto discografico: Cjantant Endrigo (Numar Un), scegliendo - davanti ad un buon tocai e ai caratteristici piatti friulani - le sue canzoni più rappresentative da tradurre in marilenghe (onore che è spettato a me e del quale vado veramente fiero), per portare poi alle stampe quello che è già diventato un disco “storico”, ripreso anche a livello nazionale dall’etichetta RAI Trade.
Gentiluomo di altri tempi era forse l’unico che quando voleva parlarti ti telefonava a casa, anziché al telefonino. Molte sere, verso le 22, componeva il prefisso 0432 invece di quello del cellulare e trovava immancabilmente mia madre, alla quale raccontava la barzelletta del giorno, che poi lei avrebbe dovuto trasferire a me e mia moglie Cinzia. Quanto mi mancano le sue risate, i suoi sigari cubani (rigorosamente Montecristo n. 4), le serate ad ascoltare i suoi racconti, i suoi abbracci, il suo camminare goffo degli ultimi tempi, quando si ostinava a non voler usare il bastone e si appoggiava invece ad ogni oggetto.
E che dire del baccalà del Vecchio Stallo? Sergio ne andava pazzo e si era fatto dare la ricetta, per poi insegnarla a sua figlia Claudia e portare a Roma i sapori del NordEst. L’ultima ricordo pubblico è quel saluto discreto, al Sanremo di Bonolis, quasi per non voler disturbare, quell’andarsene fuori dalla scena in punta di piedi, con stile, con grande classe.
Io credo che lui ci sia ancora, in ogni angolo della storia della musica leggera. Sia essa internazionale, sia nazionale, sia friulana. In ogni notte tirata a far tardi con la musica, in ogni nota di ogni spartito, in ogni boccata di sigaro, in ogni incontro tra amici.
Lui c’è.
Mandi, Sergio!
di Alberto D'Antonio
È passato già un anno! e quante volte durante questo tempo, ho avuto l'istinto e la voglia di chiamarti: per chiederti quando saresti passato da Milano per qualche concerto o qualche apparizione in TV. Saresti stato ospite a casa mia e avremmo passato interminabili nottate a parlare di cose serie, oppure a raccontarci barzellette e a giocare a scopa. Oppure avremmo programmato una fetta delle prossime vacanze a Rocca San Giovanni, in Abruzzo, dove gli amici di tante estati ti aspettano ancora per fare un po' di baldoria con la "ventricina" e un bicchiere (si fa per dire...) di buon vino.
Ma poi, come un lampo, la realtà mi ha sempre preso a schiaffi!
Mi manchi tanto, Sergio. Mi mancano la tua schiettezza, la tua onestà d'animo, la tua autenticità, la tua amicizia.
Ma sai cosa ti dico? Adesso metto su un tuo disco, uno a caso, e.....
Grazie Sergio, e ciao.
di Mario e Giampoalo Cantini
Sergio,
È passato un anno e ancora ti vediamo seduto accanto alla gabbia del pappagallo e tra i gatti di Claudia mentre ci racconti una nuova barzelletta o ci fai sentire la bellissima "nuove emozioni"... e le tante altre tue belle canzoni, sempre così attuali e piene di poesia.
Parliamo spesso di te con gli amici del poker e ricordiamo i tanti momenti allegri passati insieme.
Per noi sei sempre presente perchè le persone come te non muoiono mai.
Con sincero affetto,
Mario e Giampaolo
di Edolo Masci
Da Notegen, al Babuino, si ascoltava Via Broletto e lì ci siamo conosciuti, Sergio ed io.
Parlavamo di donne, le nostre fidanzate, bevevamo whiskey. Quando due s’incontrano ad un bar e cominciano a bere insieme, non lo sanno ma quei bicchieri cementano quella che diventerà un’amicizia profonda, lunga più di quarant’anni.
Abitavamo tutti e due da quelle parti, tra piazza di Spagna e piazza del Popolo, e in quegli anni si viveva e ci si incontrava nei bar, a passare le giornate vuote e a tirare le notti. Da Notegen il jukebox si dava da fare e dentro ci trovavi di tutto, dalla musica raffinata alle avanguardie, dalla musica classica alla lettura di poesie; c’erano i 45 giri di Endrigo, quelli di Cage con il lato B che suonava il silenzio, nel senso che non c’era niente, meglio c’era il fruscio, Foà che recitava (forse) Lorca. Era il jukebox più strano del mondo, c’era di tutto, naturalmente anche canzonette cialtrone.
Poi sono arrivati i matrimoni, i figli, Marco e Claudia, i nostri viaggi, le nostre partite a carte, con furibonde litigate, le nostre discussioni politiche, sul senso della vita e sugli amici, le nostre cene e le nostre bevute, le tue infinite baruffe con Lula, i nostri entusiasmi e i nostri dispiaceri. Questa sera bevo una bottiglia per te.
Grazie Sergio.
di Roberto Davini
È già passato un anno ma ti sento ancora vicino, coi tuoi pensieri le tue battute, la tua indignazione contro le prevaricazioni, la tua positività, la tua allegria e penso che sarà sempre così.